I social network come strumenti di comunicazione al servizio del brand servono per coinvolgere le persone, raccoglierne i dati e convertirli in clienti. Poi anche per guardare l’ombelico altrui.
Tra gli strumenti di comunicazione, il ruolo del leone negli ultimi quindici anni è stato ricoperto dai social network. Un po’ per il loro essere democratici (basta avere una connessione web) e un po’ per la facilità con cui è possibile accedervi. Due aspetti ghiotti per tutti i brand, facenti capo alla loro gratuità di base.
Condividere et conversare
Va da sé che di gratuito non c’è nulla, perché quando lo è allora la merce sei tu (come insegna una legge del marketing). Ma il fatto di non pagare l’utilizzo implica accettare in modo passivo se qualcosa cambia, dall’algoritmo in avanti. Perciò, quando capitano gli aggiornamenti dei vari social network (o un lungo down), quei brand che vi hanno basato la comunicazione senza altro supporto debbono accettarlo di buon grado e rivedere in corsa la propria strategia di comunicazione.
Ovvio non tutte le release vengono per nuocere e il mio intento non è demonizzare l’uso dei social network, bensì mettere in guardia da alcuni rischi. I social network sono piattaforme di condivisione e conversazione, e come tali vanno trattati senza far dipendere la solidità di una strategia di comunicazione dalla loro continuità.
Cosa fare allora?
L’aspetto più importante in una strategia di comunicazione è avere dei canali propri (sito, blog, newsletter). Solo dopo è utile selezionare i social network più idonei alla condivisione dei contenuti per instaurare conversazioni. Perché, non dimentichiamo che i social network utilizzati per il business servono per:
* Creare Engagment
Engagment significa coinvolgere le persone offrendo loro del valore, ovvero informazioni e nozioni di loro utilità e che risolvono bisogni e necessità. Per creare coinvolgimento è utile stimolare le conversazioni, sicché le persone parlino col brand e anche del brand. Le conversazioni iniziano con delle domande, o comunque riguardano argomenti legati al brand, al suo segmento di mercato e anche ai valori. Diventa fondamentale rispondere in modo tempestivo alle persone e aggiornare con periodicità i contenuti grazie al calendario editoriale.
Un altro modo per creare engagment è sollecitare il proprio pubblico a produrre dei contenuti e quindi condividerli sui propri canali. O ancora: prestare attenzione all’attualità se i fatti si intrecciano con quelli che interessano e coinvolgono il brand. Infine è sempre utile raccontare la propria storia, nel senso di passato ma anche di presente, per antropomorfizzare il brand.
Tutto ciò non è improvvisazione. Si basa su degli obiettivi ben definiti e su una strategia elaborata per raggiungerli.
* Lead Generation
Partendo dalle persone che hanno un forte interesse verso il brand, la lead generation è la raccolta dei loro dati personali attraverso iniziative specifiche e mirate. Questa pratica permette di stabilire un contatto più “intimo” col proprio pubblico, instaurando una conversazione diretta.
La raccolta dei dati può avvenire in diversi modi come:
- l’iscrizione alla newsletter attraverso il sito web, oppure utilizzando i bottoni call to action dei social network;
- l’invito a scaricare coupon di sconto, ebook, video tutorial e simili a titolo gratuito (perché la merce sei tu!);
- indire un contest su un tema legato al brand, con un premio allettante (facendo attenzione alla relativa normativa).
Come è facile immaginare, raccogliere i dati senza una vera finalità non ha molto senso. Perciò quando un brand decide di mettere alla prova la propria privacy policy e il GDPR deve:
- avere un obiettivo preciso;
- elaborare una strategia;
- produrre dei contenuti ad hoc;
- pianificare la loro diffusione;
- stilare un calendario di pubblicazioni.
* Convertire i contatti
Senza scomodare gli esperti del funnel, dopo le conversazioni con un vasto pubblico, l’acquisizione di un numero di contatti, arriva il momento di convertirli in clienti.
Convertire significa raggiungere gli obiettivi di marketing e – stringi stringi – implica la vendita del prodotto o servizio. Vendere non è semplice e neppure immediato: è il risultato di un processo che deve convincere le persone a preferire il brand rispetto alla concorrenza. Poiché la formula magica della vendita non esiste, per convertire i contatti in clienti bisogna, per esempio:
- alimentarne la fiducia nel tempo;
- raccontare il valore del brand e della sua proposta;
- mostrare come risolve il problema del cliente, o soddisfarne i bisogni;
- riservare un trattamento speciale.
Ecco perché è importante conoscere nel dettaglio le proprie buyer personas che corrispondono a quei contatti convertiti. Ed ecco come diventa importante fidelizzarli nel tempo, creando magari degli evangelizzatori del brand.
Chi usa chi
In definitiva, si possono usare i social network per condividere le proprie cose, farsi gli affari altrui, trovare persone del passato o nuovi amori, insultare il mondo a prescindere, spiare la concorrenza (ricordando sempre che si tratta del nostro lato oscuro). Ma quando li si pensa come strumenti di comunicazione è importante sapere perché li si sta usando, evitando di farsi usare da loro.
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