Il Metaverso è presentato come la nuova frontiera della realtà che ci aspetta, virtuale e aumentata. Il luogo dove i brand stanno sperimentando, in attesa di capire quale sia la vera portata per il loro business.
Ci sono alcune cose che mi fanno sentire vecchia. La musica trap è una di queste: ne conosco l’esistenza ma ne ignoro la sostanza. Un’altra sono i telefilm in stile Gomorra perché per me l’eroe resta il Commissario Cattaneo. E poi c’è il Metaverso, che mi fa addirittura sentire giurassica. Perché mi sembra una roba distantissima e improbabile nonostante ogni giorno, sul web, compaiano articoli sull’argomento nel tentativo di spiegare a noi tapini di cosa si tratta. Così come quotidianamente arrivano notizie di grosse aziende che stanno investendo nella realtà virtuale e pure aumentata.
Non replicabile, non tangibile
L’ha detto anche Zuckenberg in questo discorso che bisogna avere pazienza per avere cognizione di cos’è davvero il Metaverso. E soprattutto per capire quali sono le reali potenzialità e funzionalità. Al momento, osservandolo da fuori, sembra un esperimento per brand, una cosa da ricchi che giocano in criptovaluta e spendono anche pacchi di euro per un paio di scarpe che non indosseranno mai nella realtà.
Perché nel Metaverso la merce è un NFT, ovvero un token non repliabile. Un articolo unico di cui esistono diversi esemplari certificati dall’azienda emittente che ne garantisce l’autenticità. Un token rivendibile facendone salire il prezzo. Proprio come si fa in borsa con le azioni, avviando una speculazione. Perché tutto il movimento del/nel Metaverso pare soprattutto una bolla dove far girare capitale in cambio di nulla, gonfiando i prezzi di niente, bruciare moneta reale (quella basata sulle riserve d’oro) sotto forma di moneta bit, e quindi speculare.
Sul divano, in mutande
Però Zuckenberg ha detto che ci vuole tempo e intanto è importante sperimentare, procedere verso la nuova frontiera sperando che quanti hanno già acquistato i visori inizino presto a usarli. E che, soddisfatti, in qualità di Innovator ed Early Adopter riescano a far un ottimo passaparola e a convincere tutti gli altri della curva dei consumatori. Che poi saremmo noi!
Al momento la faccenda del Metaverso appare una roba da nerd con una socialità risicata e un guardaroba limitato. Perché possiamo ammetterlo senza difficoltà: tale nuova realtà permette di starsene a casa, sul divano e in mutande, mentre nel Metaverso puoi entrare e uscire da mondi vari indossando capi creati apposta e vivere appagato.
Nell’immersività
Ma il Metaverso non è solo acquisto di beni. È anche esperienza (finalizzata alla vendita). Molti brand stanno aprendo infatti degli spazi dove far vivere esperienze immersive ai clienti.
Carrefour lo userà per fare eventi e lanciare prodotti nuovi.
La Banca JP Morgan ha aperto una filiale con lo scopo di capitalizzare oltre un trilione di dollari in criptovaluta.
Nike e Adidas si stanno già fronteggiando a colpi di giochi e prodotti esclusivi.
Oishi Japanese Kitchen, un ristorante di Pescara, sta progettando Flyfish Club, un dinner club con l’accesso riservato ai possessori di token che potranno acquistare i piatti come opere d’arte.
La città di Seul punta a una nuova forma di turismo: si può visitare la città senza muoversi di casa. Cosa che molti facevano attraverso le trasmissioni televisive e che molti altri inizieranno a fare tra crisi economica globale e venti di guerra. Perché nel Metaverso non ci sarà la guerra, vero?
Heineken ha presentato la nuova birra “Silver” da vedere in un birrificio virtuale realizzato da uno street artist per informare, raccontare, far vivere esperienze e ricordare quanto sia appagante bersi un boccale nel mondo reale.
E poi anche la squadra calcistica Manchester City che sta costruendo il proprio stadio in modo da portare i tifosi in campo, con buona pace di quanto è stato fatto in passato per tenere fuori gli hooligan.
Per presentare il panino triplo cheesburger, McDonald’s ha elaborato un classico concorso a premi attraverso cui aggiudicarsi uno dei tre NFT realizzati da designer mentre in tivù va in onda lo spot con Ghali.
Accanto ai mondi per gli umani è nato anche il Petverse, dove fare cose col proprio amico a quattro zampe. Un mondo meno faticoso del reale che non è comunque assimilabile al Tamagoci ma consente, come suggerisce l’articolo, di averli con noi anche quando saranno andati oltre il ponte.
La lista continuerebbe e si fatica a star dietro perché ogni giorno viene rimpolpata dall’apertura di nuovi spazi. O meglio: di terreni.
Lo spazio virtuale e il terreno
Di tutta la vicenda del Metaverso c’è infatti una cosa che mi colpisce. Gli spazi acquistati dalle marche nelle varie realtà come Horizon Wolds, Fortnite, Roblox, Decentraland, VRChat, vengono chiamati “terreni”. E qui bisogna fare attenzione perché anche l’uso dei termini è importante. Terreno indica un pezzo di terra; qualcosa di fisico e tangibile che rimanda alla nostra mente un’immagine vera, fatta di odori – suoni – luci. Un termine scelto per ancorare nella nostra testa quello che non esiste, ciò che è virtuale, rendendolo così vero. Fintamente tangibile.
In controtendenza
Allora mi viene in mente la Disney che si affaccia al Metaverso con un progetto per portarci dentro le proprie storie e, in controtendenza, ha anche deciso di fondare una città in California, nella Coachella Valley. A Cotino (così si chiamerà la città) le persone potranno davvero abitare, immersi fisicamente e felicemente nella dimensione della favola. Sono previste unità abitative dalle ville unifamiliari ai condomini, con un quartiere riservato agli over 55 anni per una vecchiaia condivisa, nel bene e nel male.
Fin qui mi pare che la strategia di Disney abbia fatto centro, almeno dal mio punto di vista che per la vecchiaia auspico uno spazio di mutua e reciproca assistenza. Perché a dirci se il Metaverso avrà fatto centro saranno i nostri nipoti, tra qualche anno. Quando la bolla sarà esplosa e potremmo davvero capire cosa ne resta e cosa farcene.
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