Le donne crescono nel mito di una bellezza irraggiungibile, frutto anche del marketing che le vuole consumatrici all’inseguimento dell’eterna giovinezza.
Circa un mese fa ho iniziato a praticare yoga. Ci ho girato attorno per anni, dedicandomi per periodi brevi alla disciplina indiana. Poi un giorno è scattato qualcosa: ero stanca, in affanno e non riuscivo a eseguire i consueti esercizi di tonificazione alzando la ghisa. Dopo la sessione ero più spossata di prima ed è sbagliato perché lo sport dovrebbe far star bene invece, come ben riporta questo articolo, è diventato un obbligo sociale. Allora ho capito di dover lasciare andare perché c’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo.
Qui e ora
La decisione di dedicarmi alla yoga (al momento con soddisfazione) è figlia di un’evoluzione personale. Ho capito che, per questioni anagrafiche, devo anche accettare che la pelle sia meno lucida, il grasso si depositi in nuovi punti, la legge di gravità valga anche per il corpo. Ho scelto di rilassarmi e vivere il presente, anche se – lo confesso – sono andata a cercare sul web dopo quanto tempo il corpo viene tonificato dalla pratica dello yoga.
Insomma: ho deciso di smettere di preoccuparmi ma ci sono cascata comunque! Del resto, se si cresce in un sistema che ti bombarda col mito irraggiungibile di una certa bellezza, per quanto si diventi consapevoli, è difficile resistere all’inganno.
La più bella del reame
Questo dice anche il libro “Specchio delle mie brame” di Maura Gancitano. È un saggio breve: storico, filosofico, antropologico e sociologico. Un concentrato di informazioni che partono dal libro di Naomi Wolf (“Il mito della bellezza”) e conduce dentro la prigione dei canoni estetici che nelle donne odierne generano frustrazione, nuovi bisogni e quindi la necessità di acquistare prodotti creati per (tentare di) raggiungere un ideale di bellezza imposto. E così via in una spirale che non ha fine.
L’origine di questo loop è datata verso la fine dell’800 con: l’avvento della borghesia, l’inizio dell’emancipazione delle donne e la loro trasformazione in un target interessante per il marketing. Maura Gancitano individua nella fotografia lo strumento che ha originato la massificazione di un ideale di bellezza (variabile a seconda dei periodi). La foto – con la possibilità di replicare le copie – è uno strumento di divulgazione che raggiunge le persone. Se vi si aggiungono la pubblicità e i mass media (televisione, giornali, social network), la capacità di diffondere un ideale di bellezza diventa virulento e globalizzante.
I cinquanta sono i nuovi trenta
Il mito della bellezza è legato soprattutto al settore del wellness, dalla cosmesi allo sport passando per l’alimentazione. I cardini su cui si basa sono tre: giovinezza – magrezza – bellezza a prescindere dall’età, dalle condizioni di vita, dalla costituzione. E siccome ci sono i prodotti e i servizi per preservarla e prolungarla, anche a 50 – 60 anni puoi essere almeno come una trentenne!
Su di questo si basano le pubblicità che reclamizzano il mito dell’eterna giovinezza, pigiando sempre sul tasto dolente dell’umana incapacità di raggiungere quell’ideale. Anche se, con un po’ di sforzo e il prodotto giusto magari è possibile farcela. Lo diceva pure Wanna Marchi nelle sue televendite: ricordi?
Certo i toni delle pubblicità non sono da fustigatrice, ma anche quando si viene assolte perché l’ideale è ben lontano, viene fatto aleggiare un senso di inadeguatezza. Uno stato d’animo comunque passabile con l’acquisto di altri prodotti.
Body positivity
Allo stesso modo – l’autrice ci spiega – il movimento di body positivity, con l’esposizione di tanti tipi di bellezza, punta l’attenzione solo sull’aspetto estetico della complessità femminile, inquadrandolo in canoni premasticati. La donna è comunque indicata per l’avvenenza fisica, e il suo corpo viene sezionato in parti utili alla vendita di qualcosa (una crema, un massaggio, una pillola, un alimento super sano, una nuova attività fisica).
Se il mal comune può consolare, il libro dedica uno spazi(ett)o anche agli uomini che, nell’ultimo periodo, hanno il loro carico da novanta tra forma fisica e prestazioni. Roba da Ansia con la maiuscola!
Metti la crema, togli la crema
Insomma: è una spirale da cui non si esce.
Se mi cospargo di crema dalla mattina alla sera mi sento in colpa per non essere una figonza come quelle delle pubblicità, e sono schiava di un sistema misogino che vuole soggiogarmi vendendomi qualcosa. Però spalmarmi mi fa stare bene: devo sentirmi in colpa anche per questo?
Il libro fornisce alcuni spunti. Intanto di essere meno spietate tra noi donne; essere coscienti che cercare di aderire a canoni imposti e massificati è un atto politico suggerito da un sistema che spinge a mettere attenzione solo su alcuni aspetti di noi stesse, lasciando in disparte gli altri, ugualmente importanti.
E poi ciascuna dovrebbe essere libera di essere come vuole; di fare ciò che vuole, con sincerità e cognizione, sapendo per chi lo sta facendo (per sé stessa oppure per ottenere il consenso sociale).
Specchio delle mie brame
Da parte mia ho interrogato il web anche per sapere se lo yoga è un toccasana nella sempiterna lotta alla cellulite, pur essendo consapevole che:
uno – sia una battaglia inutile;
due – per tante donne, a prescindere dal peso, è normale averne;
tre – non è una malattia né una disgrazia;
quattro – si tratti di un’invenzione recente tramutata in stigma sociale, come spiega questo articolo.
Però sono ottimista: prima o poi ce la farò! Riuscirò a togliere i poster di tutte le top model anni ’90 che ho ancora appesi nella mia testa.
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