Mondiali di calcio in Qatar tra boicottaggi e arcobaleni scomposti

3 Dicembre 2022

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Tra le iniziative di boicottaggio ai mondiali di calcio del Qatar e chi invece vi investe, i veri vincitori sono quelli che combattono rischiando in prima persona.

La scorsa settimana sono stata a casa, in isolamento per il Covid. Tra una tachipirina e l’altra, dribblando sintomi vari e assortiti, ho seguito i mondiali di calcio in Qatar. Non tanto le partite, quando le iniziative di contorno che si riassumono nell’hashtag #boycottqatar2022.

Il canto delle Vergini

Pecunia non olet.

Onestamente fatico a comprendere l’attuale levata di scudi sulla questione dei diritti civili, come se la condizione restrittiva e repressiva in Qatar non fosse stata nota da tempo. Sicuramente lo era nel 2010 quando la FIFA assegnò i mondiali al paese arabo. Però in quel caso il denaro ebbe la meglio, come in assegnazioni precedenti (lo spiega questo articolo de Il Post). I latini dicevano che i soldi non odorano, ma in questi casi hanno sempre emanato un buon profumo.

Don’t say, don’t ask.

Si conoscevano già le condizioni discriminatorie in cui vivono le donne e le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ (l’omosessualità è considerata un reato in Qatar ed è punita con sette anni di prigione). Per metterci una pezza la FIFA ha assicurato che tutti sono benvenuti in Qatar durante i mondiali, ma alle persone non binarie è consigliato di non manifestare la propria identità in una sorta di “don’t say, don’t ask” di clintoniana memoria.

La Kafala.

Alla stessa maniera erano risapute le condizioni dei lavoratori reclutati tra India, Nepal e Bangladesh per la costruzione degli otto stadi necessari a disputare il campionato del mondo. In Qatar, e nei paesi del Golfo Persico, vige il Sistema della Kafala: il datore di lavoro esercita il controllo completo sulla vita del lavoratore. Praticamente la schiavitù (come spiega questo articolo sulla situazione in Libano). E finora il conteggio è arrivato a circa 6500 morti sul lavoro, archiviate tutte come arresto cardiaco.

Fare e disfare.

Gran parte di quegli otto stadi saranno smantellati al termine della competizione perché il Qatar non ha una tradizione calcistica e quindi non servono. Ma anche l’inesistente cultura sul calcio era cosa nota. Così quella manodopera, che oggi vediamo riempire gli spalti altrimenti mezzo vuoti, sarà usata per togliere ogni mattone, secondo il detto che “fare e disfare è sempre lavorare”.

Sostenibile.

Ci lamentiamo perché i mondiali si disputano nell’inverno europeo: un’affermazione che dimostra la nostra univoca prospettiva europeocentrica e il lamentoso canto di chi ha visto interrompere l’amato campionato nazionale. Anche se in questo caso la scelta stagionale è dovuta alle proibitive temperature estive del Golfo. Ma che sia un’area climaticamente calda è – indovina? – fatto noto. Così come si poteva prevedere che gli stadi avrebbero avuto bisogno di un’ulteriore refrigerazione. E che il paese, per conformazione, non è in grado di ospitare tutte le squadre, gli staff e i tifosi, costringendo a numerosi spostamenti aerei. Insomma: la crisi c’è ma non per tutti, così come il mantra della Sostenibilità è valido solo per alcuni e in taluni casi.

Perché boicottare

Così è venuta l’idea di boicottare i mondiali di calcio, al fine di:

  • arrecare un danno economico e d’immagine al Qatar, alla FIFA e agli sponsor;
  • sensibilizzare la FIFA sulla scelta dei paesi ospitanti i mondiali di calcio, ove vengano garantiti i diritti civili;
  • puntare l’attenzione sui diritti civili.

E come farlo?

One Love.

La fascia One Love nasce nel 2020 su iniziativa dell’Olanda contro ogni forma di discriminazione per l’orientamento sessuale. Ce l’hanno mostrata in questi giorni e magari abbiamo notato che i colori della nota bandiera arcobaleno sono stati accostati in modo diverso per non turbare i padroni di casa del mondiale.

Nella prima partita, il capitano della Nazionale inglese ha indossato la fascia ed è stato ammonito dalla FIFA, scoraggiando altre squadre che si erano dichiarate battagliere prima di scendere in campo. Per chi non conosce le regole del calcio, due ammonizioni portano alla squalifica, così le altre hanno preferito non rischiare di trovarsi senza uomini di punta nelle partite più importanti. Una solidarietà a metà, insomma.

Nonostante si profili una causa legale sulla legittimità del provvedimento FIFA, se venisse data ragione ai calciatori, sarebbe solo una consolazione morale. Comunque è piuttosto difficile che questi ultimi la spuntino perché il regolamento della Federazione vieta simboli diversi da quanto codificato. Inoltre la FIFA, per l’occasione, ha previsto delle fasce con messaggi di solidarietà sociale più generici, dalla fame nel mondo alla salvaguardia del pianeta.

Al di là della fascia, la nazionale tedesca ha dimostrato il proprio dissenso in modo diverso. Durante la foto di rito, i calciatori hanno posato con le mani davanti alla bocca. Mentre le ministre degli Interni tedesca e belga presenti sugli spalti hanno indossato la fascia One Love accanto alle autorità sportive e a braccia nude. Magnifiche loro!

No beer, no party.

Il brand di birra scozzese Brewdog ha lanciato una campagna di comunicazione integrata per dichiarare il suo essere antisponsor dei mondiali calcio in Qatar. Affissioni per le strade, campagne stampa e lattine a edizione limitata per manifestare il dissenso, unito all’iniziativa di devolvere gli utili di queste ultime per la causa dei diritti civili. Bel gesto e bel ritorno d’immagine, anche se sembra un po’ quello che disse la volpe all’uva perché lo sforzo economico per sponsorizzare i mondiali è ingente. Lo sa Budwieser che annualmente investe 75 milioni di Euro e adesso, all’ultimo, si vede costretta a tenere le birre alcoliche fuori dagli stadi per espressa richiesta della famiglia reale qatarina. Sono stati perciò rimossi i punti vendita e il consumo di alcolici è previsto solo negli hospitality box, accessibili pagando una cifra corposa.

Per quanto non capisca la necessità di ingollare litri di birra assistendo a una partita, gli accordi erano diversi e cambiare le carte in tavola quando il gioco è fatto rende la controparte più debole, obbligata ad accettare le condizioni sfavorevoli.

Chetelodicoafare?

Per chi prende posizione, anche se tardi o in modo parziale, c’è chi va in controtendenza. Ne abbiamo due esempi in casa.

Andrea Pirlo sta facendo pubblicità al Qatar e alla sua offerta turistica. Se a novembre abbiamo visto in tivù uno spot generico (dove il nostro centrocampista è definito “leggenda del calcio”), da dicembre vedremo quelli declinati sulle potenzialità turistiche del paese arabo al di là del calcio. Anzi: senza calcio!

Francesco Totti, in veste di Capitano, porta l’Italia al mondiale compiendo un viaggio via terra utilizzando la nuova vettura elettrica di casa Volkswagen. Posso non aggiungere altro?

I vincitori

In tutto questo bailamme spicca la nazionale iraniana che alla prima partita non ha cantato l’inno nazionale in segno di: protesta contro il regime degli Ayatollah e solidarietà verso il movimento di liberazione Zan, Zendegi, Azadi (Donna, Vita, Libertà). Mentre l’altra sera, contro gli USA, ha solo sussurrato l’inno perché i pasdaran avevano minacciato i calciatori di ritorsioni (leggi qui) in caso di mutismo. Così, ora che gli iraniani sono stati eliminati dai mondiali e la loro causa tornerà a essere una notizia da ventesima pagina, da parte mia il pensiero va a quegli uomini pieni di magone in campo, alle loro famiglie in patria, a quel che succederà loro. I veri vincitori di questo torneo, a prescindere dal risultato di una partita.

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Barbara Oggero

Barbara Oggero

Aiuto le attività imprenditoriali a comunicare e raccontarsi. I miei interessi e le competenze professionali sono evolute nel tempo ricoprendo ruoli professionali diversi che mi hanno portata a essere Consulente di Comunicazione e Immagine. Leggi di più

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