Wanna Marchi, un case study di marketing

29 Ottobre 2022

wanna marchi marketing case study

Oltre la spregiudicatezza e le vicende giudiziarie, Wanna Marchi resta un case study di marketing e comunicazione.

Col senno del poi gli anni ’80 sono stati un bel periodo. L’Italia entrava in uno stato di benessere e la forbice sociale andava assottigliandosi, creando nuovi bisogni e la possibilità economica per soddisfarli. Auto di famiglia, casa di proprietà, la televisione a colori, i vestiti firmati, le lampade abbronzanti, le top model, il fitness e tutto il resto. Tra i tanti settori, quello del beauty care ha iniziato a diventare importante proprio in quegli anni. In Italia la pettinatrice diventava parrucchiera e andare dall’estetista si consolidava come un’abitudine.

Tenendo il bene, lasciando il male

Qualche domenica fa, complice la pioggia e una corposa pila di panni da stirare, ho visto tutto il docu-film dedicato a Wanna Marchi, che proprio negli anni ’80 è diventata un caso mediatico. Mi ha mosso la curiosità verso il personaggio soprattutto perché la sua figura e la parabola professionale hanno spesso fatto capolino nella mia vita sotto forma di notizie. Una sequenzialità che nel tempo ha costruito una storia legata al marketing e alla comunicazione.

Perché al di là della persona, dell’opinione non lusinghiera e del giudizio emesso in tutti i gradi di legge, Wanna Marchi è un case study da cui imparare. Tenendo il bene e lasciando andare il male.

Cosa si impara

Affamata e folle

Nel docu-film non è spiegato se le competenze di marketing e comunicazione vennero insegnate a Wanna Marchi. Pare di no e allora bisogna riconoscerle la capacità di esser riuscita con l’intuito dove migliaia di brand falliscono manager e consulenti nello staff. Era mossa dalla fame e dalla voglia di riscatto. Come quel stay hungry, stay foolish che ci piacque tanto quando lo pronunciò Steve Jobs.

Personal branding

Prima che fosse un concetto di moda e codificato, Wanna Marchi ha fatto di sé un brand. Non importava cosa proponesse: era la sua presenza a dare significato, per le emozioni che suscitava, lo scalpore che la seguiva, l’attenzione che attirava il suo modo di essere e fare.

Di pancia

Alle persone, a noi, piacciono le cose autentiche. Ci piacciono soprattutto le lacrime perché smuovono il cervello limbico. Durante una delle prime televendite Wanna Marchi ha fatto leva sulla pietà. Una figlia da sfamare e il bisogno di guadagnare hanno fatto partire le richieste delle sue creme dimagranti. Il prodotto non c’entra; c’entra il modo in cui il pubblico viene colpito.

Conoscere il target

La Marchi conosceva bene le proprie buyer personas. Come Sophia Amoruso, nel telefilm “Girl Boss”, dice di aver osservato le proprie acquirenti in discoteca, così Wanna ha incontrato e frequentato la sua clientela lavorando in un centro estetico. Donne che forse si lamentavano della propria vita, dei mariti, della forma fisica. Lo ammette lei stessa nel docu-film che non è stato difficile inquadrare i bisogni e le paure. Così quando è arrivata in tivù ha iniziato rivolgendosi a loro, spronandole a migliorarsi attraverso l’acquisto dei suoi prodotti, utilizzando frasi che oggi sarebbero tacciate di body shaming.

Tono di voce

Tanta virulenza verbale ha creato un tone of voice unico e riconoscibile. Insieme a quel “D’accordo?” messo come un marchio alla fine delle frasi più significative. Anche se – dice Magalli durante una sua ospitata – non si capisce su cosa bisognasse concordare.

Il nome

Il naming ha una grande importanza, soprattutto quando il nome del prodotto contiene già la sua missione, la promessa, non in induce dubbi e si fa ricordare. Cosa c’è di più diretto di “scioglipancia”?

Attenzione al cliente

Wanna Marchi ha avuto sin dal principio un’attenzione maniacale verso il customer care e satisfaction che si è concretizzata così:

  • un centralino proprio per essere indipendenti (e non controllabili);
  • fornire un servizio: i clienti venivano richiamati ogni tre mesi per sapere se la crema funzionava. E se non funzionava?
  • veniva proposto un upselling per far spendere ancora (e di più) nel perseguire l’illusione;
  • un database di oltre 300.000 nomi profilati a cui vendere le creme (e poi gli oroscopi, i numeri del lotto, gli amuleti anche a decenni di distanza).

Brave persone

Le vicende giudiziarie di Wanna Marchi hanno inciso sul mondo delle televendite. Quando è colata a picco s’è portata dietro tutto il settore spiega Roberto “Baffo” Da Crema nel docu-film. E ha contribuito a gettare un’ulteriore ombra negativa sul marketing tout court, percepito come tentativo truffaldino di vendere la qualunque, senza scrupoli.

Il docu-film su Wanna Marchi mi ha fatto venire in mente il libro di Giuseppe Morici: “Fare marketing rimanendo brave persone”. È possibile restare brave persone, ma bisogna l’approccio. Non serve agire in modo spregiudicato pensando solo al profitto (che è un atteggiamento figlio del rampantismo anni ’80). Il comportamento del marketing odierno deve farsi olistico e rispettoso, con una sensibilità eco-sostenibile. Dove “eco” indica sia economico che ecologico.

Serve rispetto

Ciò significa offrire alle persone una narrazione, uno storytelling positivo e non impositivo. Il marketing diventa uno strumento per aiutare gli altri a sviluppare la propria identità attraverso il prodotto o il servizio erogati dal brand. In questo modo ne esce migliorata la vita di tutti, compatibilmente con l’ambiente circostante.

Spiegato così anche il marketing di Wanna Marchi può rientrarvi. La differenza risiede nel rispetto dovuto alle persone. Nella consapevolezza che ognuno ha la capacità di decidere come essere senziente, mettendo al centro dello sviluppo e del progresso umano la salvaguardia del pianeta. Anche perché senza il nostro pianeta cosa ce ne facciamo di tutto il resto? Siamo d’accordo, vero?

Newsletter

Iscriviti alla newsletter dove scrivo di comunicazione, storytelling e fotografia. Raccontando e fornendo spunti, sempre come una bella chiacchierata.

Newsletter

Ogni due mesi invio la newsletter dove scrivo di comunicazione, storytelling e fotografia. Raccontando e fornendo spunti, sempre come una bella chiacchierata.

Condividi articolo

Post correlati

Barbara Oggero

Barbara Oggero

Aiuto le attività imprenditoriali a comunicare e raccontarsi. I miei interessi e le competenze professionali sono evolute nel tempo ricoprendo ruoli professionali diversi che mi hanno portata a essere Consulente di Comunicazione e Immagine. Leggi di più

0 commenti

Trackback/Pingback

  1. 3 argomenti tesi in marketing e comunicazione - Thesis 4u - […] Puoi comprendere quindi perché questo case study prende parte agli argomenti tesi in marketing e comunicazione: approfondiamo lo stile…

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *